Presso la sede mondiale delle Nazioni Unite di New York si è tenuto il primo Congresso globale delle vittime del terrorismo. Intitolato “Promuovere i diritti e i bisogni delle vittime del terrorismo” il congresso, al quale hanno partecipato 600 persone, mirava ad adottare delle soluzioni pratiche volte alla riparazione dei danni subiti dalle vittime. È stata la prima volta che una conferenza delle Nazioni Unite si è concentrata sul ruolo cruciale delle vittime nella lotta al terrorismo, invalidando le narrazioni dei terroristi e aiutando a comprendere il tipo di sostegno di cui hanno bisogno le vittime.

Tra i momenti più emozionanti c’è stato l’intervento di 10 vittime di terrorismo durante la cerimonia di apertura. Storie  dolorose che certificano come praticamente in tutto il mondo vi siano vittime di questi atroci crimini. Anche loro hanno  lanciato un appello all’azione, esprimendo ciò che sperano di ottenere dal Congresso.

Durante le varie sessioni del congresso si è fatta luce anche sui diritti delle vittime di terrorismo alla riparazione dei danni subiti, già articolati nel diritto internazionale dei diritti umani, e come questi debbano essere attivati da standard regionali e dalle legislazioni nazionali. L’Assemblea generale aveva già sottolineato l’impegno degli Stati membri nei confronti di questi diritti, in particolare nella risoluzione 73/305 (qui è possibile scaricare il documento).

Le sessioni svolte in due giorni sono state sette.

Nella prima si è subito affrontato il tema del “Riconoscimento e misure di commemorazione”.

Il riconoscimento delle vittime del terrorismo come corpo unico di individui è il primo passo verso un risarcimento di base e, per molti, il primo passo verso la guarigione e la crescita post-traumatica. Le misure di riconoscimento e di memoria simboleggiano un senso di sostegno pubblico da parte dello Stato e della società nel suo complesso, riconoscono la sofferenza individuale delle vittime e consentono di fornire servizi di riabilitazione e riparazione in futuro. Questa sessione ha trattato le modalità pratiche di riconoscimento: dai processi formali come la riparazione e il riconoscimento legale alle commemorazioni pubbliche e alle attività di ricordo; ii problemi di mancanza di riconoscimento che alcune vittime devono affrontare. Sono state presentate anche le  migliori pratiche degli Stati membri, delle organizzazioni della società civile e di altri soggetti nel sostenere le iniziative di riconoscimento e ricordo in tutto il mondo.

Nella seconda sessione ci si è focalizzati sulle “Minacce nuove ed emergenti legate al terrorismo”.

Si sono analizzati i diritti e i bisogni delle vittime del terrorismo e le sfide per proteggerle e sostenerle e come queste siano influenzati dal contesto in cui operano gli Stati membri, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni della società civile. Ci si è concentrati anche sulle attuali sfide legate alla violenza sessuale e del femminicidio legati ai conflitti, nonché sulle sfide specifiche che le vittime devono affrontare in seguito al terrorismo e all’estremismo violento sulla base della xenofobia, del razzismo e di altre forme di intolleranza, o in nome della religione o del credo.

Per quanto riguarda quest’ultima tematica si è svolta una sessione parallela  (2 A) dal tema ” Legami tra violenza sessuale legata ai conflitti e terrorismo”.

In questa i relatori hanno approfondito le tematiche di cui Stop Rape Italia si fa promotrice da sempre. Nello specifico si è affrontato come la comunità internazionale riconosca sempre più il ruolo che il femminicidio, la violenza sessuale e di genere, il matrimonio forzato, la tortura e la schiavitù giocano nell’agenda di alcuni gruppi terroristici. Tutti questi fenomeni hanno evidenziato  l’importanza di proteggere e promuovere i diritti e i bisogni delle vittime di tali comportamenti perpetrati dai gruppi terroristici. L’uso della violenza sessuale o di genere come tattica di terrore ha effetti duraturi e perniciosi sulle vittime e sulle loro comunità, in particolare sulle donne e sulle ragazze, è una pratica che non ha mai smesso di essere praticata. Si è affrontata la questione di come le vittime di violenza sessuale perpetrata da membri di gruppi terroristici hanno un ulteriore livello di vulnerabilità che spesso si traduce in stigmatizzazione e vittimizzazione secondaria, e possono avere difficoltà a parlare della loro esperienza e rifiutare di conseguenza di cercare aiuto e accesso alla giustizia, perché ciò può lasciarle isolate e dalle loro comunità. Si è analizzato anche come si stiano attuando gli sforzi degli Stati membri e della comunità internazionale per affrontare questo annoso problema.

Qui il video del congresso.

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