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Perché nello stupro, spesso se non sempre, la donna è la vera imputata?
Riportiamo in questo articolo quanto ci ha inviato Guia Bisestri, nostra sostenitrice, alle cui parole non c’è altro da aggiungere.
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Cari Amici di StopRapeItalia,
Questa volta c’è poco di mio, perché è già stato detto tutto ben 42 anni fa: molto meglio e molto più chiaramente di quanto mai potrei fare. 

Perché ogni donna ricorda perfettamente cos’ha fatto “il giorno dopo” uno stupro.

Prima o poi. 

Si, perché capita anche che questo avvenga quando sei una persona di mezza età, tua madre ha quasi 80 anni ed è malata di Alzheimer.

Si agita terribilmente, si rannicchia e urla ogni volta che le si avvicina un infermiere di colore. Nessuno capisce perché inizialmente.

Poi, ripercorrendo la sua vita, piano piano emerge la verità: è stata stuprata durante le marocchinate del maggio-giugno 1944, da uno dei Goumiers della seconda divisione franco-marocchina dei Corpi di Spedizione Francese in Italia.

E tu, figlia 60enne, ti senti in colpa perché per una vita hai pensato che la tua mamma in fondo fosse razzista. Sei sollevata perché non lo era. Non ti dai pace perché è stata traumatizzata per una vita intera.

Quella figlia è la persona che i miei genitori scelsero come tutrice quando ero piccola, in caso fosse successo loro qualcosa.

Non è un caso (non lo è mai) che questa terribile vicenda mi sia stata svelata solo pochi giorni prima che un certo video, per il quale non ci sono aggettivi, sollevasse una giustificatissima bufera.

Ed allora ecco quanto è già stato detto molto meglio e molto più chiaramente di quanto mai potrei fare. 

Era il 1979, questa l’arringa pronunciata dall’Avvocato (si, con “A” maiuscola) Tina Lagostena Bassi, in chiusura di un processo per stupro.

Vi affido le Sue preziose parole.

Guia Bisestri

Ancora la difesa dei violentatori considera le donne come solo oggetti, con il massimo disprezzo, e vi assicuro, questo è l’ennesimo processo che io faccio, ed è come al solito la solita difesa che io sento. Vi diranno gli imputati, svolgeranno quella che è la difesa che a grandi linee già abbiamo capito. Io mi auguro di riuscire ad avere la forza di sentirli – non sempre ce l’ho, lo confesso – e di non dovermi vergognare, come donna e come avvocato, per la toga che tutti insieme portiamo. Perché la difesa è sacra e inviolabile, è vero. Ma nessuno di noi avvocati – e qui parlo come avvocato – si sognerebbe d’impostare una difesa per rapina così come s’imposta un processo per violenza carnale. Nessuno degli avvocati direbbe nel caso di quattro rapinatori che con la violenza entrano in una gioielleria e portano via le gioie, i beni patrimoniali sicuri da difendere, ebbene, nessun avvocato si sognerebbe di cominciare la difesa dicendo ai rapinatori “Vabbè, dite che però il gioielliere ha un passato poco chiaro, dite che il gioielliere in fondo ha ricettato, ha commesso reati di ricettazione, dite che il gioielliere un po’ è un usuraio, che specula, che guadagna, che evade le tasse”. Ecco, nessuno si sognerebbe di fare una difesa di questo genere, infangando la parte lesa soltanto. E allora io mi chiedo, perché se invece che quattro oggetti d’oro, l’oggetto del reato è una donna in carne e ossa, perché ci si permette di fare un processo alla ragazza? E questa è una prassi costante: il processo alla donna, La vera imputata è la donna. E scusatemi la franchezza, se si fa così, è solidarietà maschilista, perché solo se la donna viene trasformata in un’imputata, solo così si ottiene che non si facciano denunce per violenza carnale“.

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